STORIA dell'OLIVICOLTURA A SONNINO
Da Pio VI all'unità  d'Italia (1ª puntata)
(Prof. Giuseppe Lattanzi)

Lo sviluppo dell'olivicoltura e la politica agricola di Papa Pio VI (1717-1799)

I CARDINI DELLA SUA POLITICA AGRARIA

La bonifica delle Paludi Pontine. I lavori di bonifica iniziati nel 1777 si sono protratti fino al 1796 con una spesa di 1.621.983 scudi (1 scudo=100 baiocchi=10 paoli) e bonificarono 10.616 rubbi di terreno. (1 rubbio = 1,848 ettari)

L'obbligo a tutti i proprietari ed affittuari di tenute a coltivare ogni anno una superficie determinata per legge sulla base del nuovo catasto.
Particolari facilitazioni e premi per coloro che incrementavano la coltura dell'olivo.

Angelo Onofrio Melchiorre Natale Giovanni Antonio Braschi nacque 25 dicembre del 1717 a Cesena dal conte Marco Aurelio Tommaso Braschi e dalla contessa Anna Teresa Bandi-Mori a Valence-sur-Rone, 29 agosto 1799. Fu eletto Papa il15 febbraio 1775)
 

 
 
Camille De Tournon (1778-1833)
Prefetto napoleonico di Roma dal 1809 al 1814

Camille Philippe Casimir Marcellin, conte de Tournon-Simiane, nato il 23 giugno 1778, morto il 18 giugno 1833, fu un alto funzionario francese e nobile di Francia.

Fu Prefetto del Dipartimento di Roma dell'Impero Napoleonico dal 15 luglio 1809 al 24 gennaio 1814

Combattè il brigantaggio nel nord e nel sud del Dipartimento e soprattutto si propose di comprendere e descrivere la realtà; economica e sociale di quest'ultimo.

In particolare raccolse dati statistici, topografici, amministrativi ed economici negli Etudes Statistiques sur Rome e la partie occidentale des Etats Romains, Paris 1831

Favorì l'agricoltura nelle zone di frontiera con il Regno di Napoli facilitando i contatti e gli scambi tra i due Stati.
 
La produzione di olio nello Stato Pontificio

«L'olivo è quella pianta che a dir di Columella merita su ogni altra la primazia, il di cui frutto tanto ha interessato sempre la necessità della vita, ed interessa maggiormente a dì nostri, da che le manifatture ne esigono anch'esse una buona porzione. È cosa tanto incredibile quanto certa, che il nostro Stato che nell'attuale situazione potrebbe far commercio attivo dell'olio sia obbligato quasi annualmente trarlo dall'estero con grande discapito e dell'erario e dello Stato» N.M. Nicolaj, Memorie, leggi ed osservazioni sulle campagne e sull'annona di Roma, III, p. 386, Roma 1803.

La coltura dell'olivo nello Stato Pontificio

La coltura dell'olivo costituiva un importante elemento di reddito nello Stato della Chiesa. Essa era diffusa ovunque, ma non era sufficiente neanche al fabbisogno interno. L'uso dell'olio era legato anche all' alimentazione delle lampade per l'illuminazione.
In buona parte del Settecento, però, il suo incremento fu quasi nullo.
La coltura dell'olivo risentiva, e purtroppo risente, di forti variazioni stagionali: ad una annata ricca generalmente segue una mediocre o addirittura magra, ma due buone annate si possono avere anche a distanza di un decennio. Tale variazioni sono spesso frutto di imprevedibili eventi climatici.
 

1 paolo= 10 baiocchi=2 grossi= 50quattrini.
3 paoli=1 testone
 

I proprietari terrieri erano interessati solo ai facili e rapidi guadagni per cui erano restii ad ampliare le aree coltivate ad olivo.
Nel 1810 la piantumazione di un olivo costava per 6 anni 7 paoli se a buca e 10 se a fossa. Davanti a tale spesa i proprietari «...negligentano non poco la coltura degli olivi, perchè dicono essi è una pianta che troppo tardi porta il suo frutto» N.M. Nicolaj, Memorie, leggi ed osservazioni sulle campagne e sull'annona di Roma, III, Roma 1803
Anche i contadini erano restii a mettere nuove piante a coltura per la brevità degli affitti che raramente superavano i nove anni.

 

Le difficoltà ad incrementare la coltura dell'olivo

Alla fine del Settecento si cercò di incoraggiare la piantumazione di nuovi olivi favorendo nel contempo il miglioramento nei sistemi di coltivazione.
Il motu proprio (di propria iniziativa) di Pio VI del 21 aprile 1788, confermato nel 1801(Pio VII) e nel 1830 (Pio VIII), stabiliva il premio di un Paolo per ogni olivo messo a coltura. In tutto lo Stato Pontificio furono piantate circa 200.000 nuove piante in aree non occupate da altre coltivazioni.

 

L'intervento dell'amministrazione napoleonica

L'amministrazione imperiale il 26 aprile 1810 confermò le disposizioni pontificie del 1788 e 1801, accollandosi anche l'onere di liquidare i contributi promessi e non pagati dal precedente governo pontificio. Negli anni 1811 e 1812 furono stanziati 12.000 franchi per incoraggiare l'olivicoltura.
Il risultato fu sorprendente perchè la bilancia commerciale dell'olio da deficitaria divenne attiva consentendo anche la possibilità di una non trascurabile esportazione.
Secondo De Tournon nel 1813 la superficie coltivata nel Lazio raggiunse i 27.000 ettari e la produzione i 3 milioni di chilogrammi.
 

Nell' «arrondissement» di Velletri Il numero complessivo di alberi di oliva si aggirava sui 2.355.000-2.555.000.
Di questi 1.355.000 si trovavano concentrati in 5 comuni:


Sezze700.000
Cori 400.000
Piperno 100.000
Sonnino 100.000
Terracina 55.000

 
La produttività degli olivi nella zona di Sonnino

Una pianta ben sviluppata nelle buone annate dava circa un quarto di rubbia di olive e in media 5 fojette d'olio.
La metà dell'olio veniva consumata in loco il resto generalmente affluiva a Roma.

 

1 rubbio=213,3 kg, 1 foglietta=0,513 litri
 

I metodi di coltivazione dell'olivo

Nel comune di Sonnino prevalentemente si coltivava a gradoni con piante a 5 piedi l'una dall'altra.
Il terreno attorno gli olivi era vangato due volte l'anno, a novembre e a marzo; la potatura era fatta raramente. La concimazione era rara, si preferiva l'ingrassamento naturale con il bestiame in oliveto, anche se questo poteva provocare gravi danni alle giovani piante.
Il raccolto era fatto tra novembre e dicembre , anche se il Nicolaj descrive agricoltori che lo praticavano tra gennaio e marzo
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1 piede = da 30 a 50 cm

Stefano Francesco Jacini
(Casalbuttano ed Uniti, 26 giugno 1826 - Milano, 25 marzo 1891)

Il nome di Stefano Jacini è legato alla famosa inchiesta agraria, varata il 15 marzo 1877 durante il governo presieduto da Agostino Depretis, esponente della Sinistra storica, per verificare le condizioni economiche e sociali delle campagne italiane e lo stato dell'agricoltura nazionale.

Infatti Jacini, dal 1881 al 1886 fu presidente della commissione d'inchiesta istituita a tale scopo, pubblicando nel 1884 un voluminoso rapporto, tuttora noto col nome Inchiesta Jacini. L'inchiesta fu promossa dalla Camera dei Deputati il 15 marzo 1877.

 

L'olivicoltura dopo il 1870 secondo l'Inchiesta Agraria Jacini

La coltivazione dell'olivo si continuò a sviluppare anche dopo il 1815, nonostante i danni provocati dalla pastorizia allo stato brado.
Il periodo di maggior sviluppo fu quello compreso tra il 1856 e il 1858, durante il quale furono messe a dimora più di 50.000 piante.
All'indomani del 20 settembre 1870 l'olivo era coltivato nel Lazio in 179 comuni su 227. Gli uliveti si estendevano su una superficie di 41.667 ettari.
Sonnino era espressamente citato tra le località in cui la presenza di olivi era più estesa.

Nell'ottocento si ottennero miglioramenti nella coltivazione, ma non nella qualità; dell'olio.
L'olio era in genere scuro, denso, di odore e sapore poco gustosi.
L'incuria e il ritardo con cui veniva fatto il raccolto , la trascuratezza con cui veniva conservato , gli approssimativi sistemi di macinazione e di estrazione, la poca pulizia degli strumenti e dei recipienti usati davano luogo ad un prodotto di scarsa qualità.
L'uso, poi, dell'estrazione a caldo aumentava la resa, ma diminuiva decisamente la qualità;.

L'oleificazione dopo l'unità secondo l'Inchiesta Agraria

«Nella provincia romana si raccoglie l'oliva sempre di troppo matura, e non di rado terrosa e guasta si sottopone all'estrazione; giunta al montano si macina non solo la polpa, ma spesso anche i noccioli ed i semi; si pone la pasta nei fiscoli di paglia palustre e si assoggetta alla pressione facendo uso di acqua calda, e soltanto da alcuni, come per eccezione, si pratica l'estrazione a freddo; in molti luoghi si rimacina la sansa per ricavarne coll'aiuto di una più nuova e forte pressione un olio più ordinario, conosciuto col nome di olio grasso o di sansa»

Atti della giunta dell'inchiesta agraria, XI, t.1, pp.236-242